Il Pozzo della Cava

una possente opera idraulica con venticinque secoli di storia

La struttura

Il pozzo è interamente scavato nel tufo, che costituisce la rupe su cui è stata costruita la città ed ha una profondità di 36 metri, gli ultimi dei quali occupati dall’acqua sorgiva.
La struttura è costituita da due parti accorpate: la prima, più grande, ha una sezione circolare con un diametro medio di 3,40 mt, la seconda, più piccola, ha invece una sezione rettangolare di lati 60×80 cm e presenta le tipiche “pedarole” etrusche, ossia delle tacche incise sulle pareti laterali per consentire la discesa e la risalita contrastandosi con i gomiti, i piedi e le ginocchia.
Alla profondità di 30 metri ha inizio, all’interno della parte a sezione rettangolare, un cunicolo alto 170 cm circa e che attualmente ha una lunghezza di poco più di 20 metri; il suo fondo, quasi completamente ricoperto di fango e argilla, presenta un profondo solco sul lato sinistro che doveva servire a far scorrere l’acqua del pozzo.
La parte superiore dell’ingresso del camminamento risulta incisa dal ripetuto scorrere di corde, utilizzate probabilmente per eseguire lo scavo o per trasportare l’acqua.
Alla base del cunicolo sono presenti cinque fori disposti ad intervalli regolari lungo la parete cilindrica; si pensa che possano aver ospitato la travatura di una piattaforma o di un macchinario per sollevare l’acqua della sorgente.

La storia

Sono davvero molti i secoli di storia del Pozzo della Cava, che ha subito nel tempo continue modifiche.
Il pozzetto laterale a sezione rettangolare è etrusco (VI – V sec. a. C.) e costituisce un saggio del suolo eseguito per accertarsi della presenza della falda acquifera e per ispezionare i cunicoli sotterranei che convogliavano l’acqua delle sorgenti.
Nel 1527 Papa Clemente VII, fuggendo dal Sacco di Roma, si rifugiò ad Orvieto ed ordinò la realizzazione di due cisterne pubbliche e di un pozzo «in contrada Cava», facendo riadattare la struttura etrusca per poter attingere l’acqua della sorgente dalla via in caso di futuri assedi della città. I lavori furono eseguiti a spese del Comune e si conclusero nel 1530.
Il Pozzo della Cava restò aperto fino al 1646, anno in cui le autorità comunali ordinarono la sua chiusura al pubblico, come testimonia la lapide esposta all’ingresso, inizialmente collocata su Via della Cava, in corrispondenza della vera del pozzo.
Il motivo della chiusura andrebbe ricercato nell’assedio della Guerra di Castro, quando tutte le aperture (vicoli, slarghi, porte…) di Via della Cava furono murate per non dar modo alle truppe nemiche di disperdersi in città, semmai fossero riuscite ad entrare.
Da allora il pozzo non ha goduto di un’ottima fama, tanto da venir descritto come «luogo opportuno per coprire delitti».
Quando, dopo più di tre secoli dalla sua chiusura, nel dicembre del 1984 Tersilio Sciarra ha riscoperto il pozzo durante dei lavori di ristrutturazione, la sua profondità era soltanto di 24 metri, il fondo era infatti ostruito da terra, rifiuti e rottami gettati per decenni al suo interno.
Soltanto i lavori della primavera del 1996 hanno restituito alla struttura la sua completezza originaria con i suoi 36 metri totali.
Nel 2004 è stato ripristinato l’accesso originario su Via della Cava, con la realizzazione di una piccola vera in pietra a ricordo del grande puteale rinascimentale andato perduto.

Curiosità

  • Il tufo litoide su cui poggia la città è conosciuto nel mondo come “ignimbrite di Orvieto”. La rupe tufacea poggia su un letto di argilla impermeabile su cui scorrono le falde acquifere.
  • Il cantiere rinascimentale del Pozzo della Cava ha visto la presenza dell’architetto Antonio da Sangallo il Giovane, che utilizzò il tufo estratto da questo scavo per edificare Palazzo Pucci, al centro della città. Come testimoniato da una lettera dello stesso Sangallo riscoperta nel 1999, fu in quella occasione che l’architetto ebbe l’idea di realizzare, all’interno della fortezza papale, l’imponente Pozzo della Rocca, oggi noto come Pozzo di San Patrizio.
  • Il delitto più noto tra quelli successi al Pozzo della Cava è senz’altro quello dei cinque ufficiali francesi gettati dentro nel 1820 per aver tentato di violentare le donne della via. L’accaduto fece scomodare anche il Delegato Apostolico di Viterbo, che mise in guardia le autorità comunali di Orvieto con la lettera di cui potete vedere una copia nella galleria.

Il Complesso Archeologico del Pozzo della Cava è stato inserito nel 2023 all’interno del Global Network of Water Museums del programma UNESCO-IHP, poiché custodisce ritrovamenti che testimoniano gli sforzi per la ricerca, la raccolta e la conservazione dell’acqua per un arco temporale di oltre 25 secoli. 

L’acqua sorgiva

Naturalmente il più importante ritrovamento del nostro complesso archeologico legato all’acqua è proprio il Pozzo della Cava, che, interamente scavato nel tufo della rupe di Orvieto, raggiunge la sorgente ad una profondità di 36 metri.
La parte più antica risale al IV-V sec. a. C. è uno dei numerosi pozzetti “a pedarole”, realizzati dagli Etruschi per consentire lo scavo e l’ispezione della rete di cunicoli per la raccolta delle acque di infiltrazione, inseriti nella Rete Mondiale dei Musei dell’Acqua (assieme al Pozzo di San Patrizio).
Ma, tra i numerosi pozzetti “a pedarole” rinvenuti ad Orvieto, quello della Cava è l’unico che ha raggiunto la falda acquifera.
Oltre che con l’eredità dei cunicoli etruschi, il Pozzo della Cava ha un forte legame con il Pozzo di San Patrizio, anch’esso inserito nella WaMu-Net: è proprio durante lo scavo del nostro pozzo che l’architetto Antonio da Sangallo il Giovane ebbe l’idea di realizzare l’imponente Pozzo della Rocca, oggi noto come Pozzo di San Patrizio.