2021-2022
IL FIGLIO DEL PADRE

Barabba

Il quinto ed ultimo presepio del ciclo dei testimoni, slittato di un anno per via dell’emergenza Covid-19, ha visto un narratore davvero inaspettato: il “Figlio del Padre”.

«Figlio del Padre», in aramaico «Bar-abbâ» è l’epiteto con cui era conosciuto Gesù (Yeshua Bar-abbâ), ma anche il nome del suo antagonista per il patibolo nel crudele ballottaggio proposto da Ponzio Pilato al popolo di Gerusalemme.
Quel Barabba, un po’ ladro e un po’ stregone, un po’ sovversivo e un po’ approfittatore, era tutt’altro che un estraneo per Maria, con cui aveva condiviso i primi anni di vita e la volontà di dare pace e libertà al popolo di Israele.
Sognava di diventare re e sposare Maria, la figlia di Gioacchino, ma le loro strade si sono divise proprio quando dovevano unirsi.

 

Dal 23 dicembre 2021 al 9 gennaio 2022

Shalom! Mi chiamo Barabba, che in Aramaico significa “figlio del padre”. È questo il nome che veniva dato ai figli di nessuno, abbandonati da tutti. Non so dove sono nato, so solo che sono cresciuto nelle grotte vicino Nazaret e sin da fanciullo ho avuto ben chiari due grandi desideri che volevo assolutamente soddisfare. Il primo era liberare la mia terra dai Romani, per restituire Israele al suo destino.

Il mio secondo desiderio era sposare Maria, la figlia di Anna e di Gioacchino di Nazaret. La conoscevo da sempre e proprio davanti alla sua casa ho iniziato a raccogliere i primi volontari con cui andare alla riconquista di Gerusalemme. Ero lì anche quel giorno in cui i soldati romani saccheggiarono il villaggio. Maria provò a nascondere il candelabro a sette braccia della sinagoga, ma un soldato si fiondò su di lei per strapparglielo di mano. Gioacchino, per deviare la lama che stava per colpire la figlia, ferì uno dei soldati. Fu subito catturato e portato nella fortezza di Tarichea per essere crocifisso.

Era scesa la notte. Gioacchino era stato crocifisso da qualche ora. Era giunto il momento di dimostrare il mio valore a Maria e di mettere alla prova il mio piccolo esercito, perché è mille volte meglio morire combattendo che essere umiliati in croce. Due di noi, poche ore prima, erano riusciti a lanciare con la fionda un miscuglio di erbe soporifere nei secchi per l’acqua dove i soldati romani immergevano le spugne per far bere i condannati. Altri quattro appiccarono l’incendio alle baracche delle guardie. Io e alcuni compari saltammo dentro la fortezza, togliemmo Gioacchino dormiente dalla croce e attraversammo il lago sulle barche di alcuni pescatori, approfittando del trambusto creato dall’incendio.

Gioacchino fu trasportato nelle grotte degli Esseni, una comunità di soli uomini dediti alla preghiera. Da lì proveniva uno dei miei migliori “soldati”, Giuseppe di Arimatea, che mi aveva insegnato tutti i segreti delle erbe e delle bacche medicamentose, degli infusi e delle pozioni. Per i primi tempi fu lui a curare Gioacchino, che gli Esseni oramai chiamavano “il resuscitato”, perché si era risvegliato dopo tre giorni in cui sembrava morto.

In poco tempo la Giudea, la Galilea e la Samaria parlavano di me: mi ero fatto gioco dei Romani, non potevo che essere il tanto atteso Messia. A causa di questa notorietà improvvisa dovetti darmi alla macchia col mio piccolo manipolo di fedeli. Maria restò con Gioacchino, che proseguì la sua convalescenza a casa di una anziana coppia di parenti: Zaccaria ed Elisabetta. Al momento del nostro addio, le promisi che sarei tornato re di Israele e che avrei finalmente chiesto la sua mano. Mi rispose che non era nata per essere sposa di un uomo. Ma io ero convinto che sarei riuscito a farle cambiare idea.

Strane voci circolarono sulla lunga permanenza di Maria dai suoi parenti. Si diceva che dovesse nascondere una gravidanza vergognosa, frutto della violenza perpetrata da un soldato romano il giorno dell’assalto a Nazaret o di un’avventura avuta con Giuseppe il falegname o, addirittura, di un accoppiamento con un demone, lo stesso che aveva messo incinta la vecchissima Elisabetta. Anche Maria avrebbe partorito un “figlio del padre” come me o erano solo voci prive di fondamento? Non vedevo l’ora di incontrarla di nuovo per chiederle la verità, ma lei rimase tanto tempo ad assistere la cugina partoriente e non la rividi per mesi.

In attesa di ingrandire il nostro esercito e di entrare vittoriosi a Gerusalemme, restammo nascosti per tutta l’estate, vivendo di quello che riuscivamo ad arraffare derubando qualche carovana di ricchi mercanti e dividendo il bottino coi più poveri e derelitti. Mi rimbombavano sempre in testa le ultime parole di Maria: «Perché spingere un popolo a sollevarsi contro Erode se nessuno di voi sa verso cosa condurlo? Chi di voi saprebbe essere re di giustizia e di bontà»? Ma ero troppo orgoglioso per dar retta ad una fanciulla ed era troppo tardi per tornare indietro.

Intanto i Romani ci stavano cercando e, per farlo, mettevano a ferro e fuoco parecchi villaggi della Galilea e della Giudea, spargendo sangue di innocenti per causa nostra. Ma la nostra missione era più importante dei morti che ci lasciavamo dietro: decidemmo di avvicinarci a Gerusalemme, approfittando delle numerose carovane che vi si dirigevano per il censimento e per attendere la comparsa di una strana stella. Fu derubando uno di quei convogli che riconobbi Maria, vistosamente incinta. Lì svanì il mio primo sogno: non sarei mai stato io il suo sposo. Non ebbi il coraggio di avvicinarmi, attesi qualche giorno e mi addentrai nel caravanserraglio di Betlemme. Vidi tre re stranieri che si inginocchiavano davanti al figlio di Maria e lo adoravano. Allora svanì anche il mio secondo desiderio: non ero io il prescelto del Signore, colui che avrebbe ridato al popolo ricchezza e libertà con l’astuzia e con le armi. Avevo sbagliato tutto: Israele non doveva liberarsi dai Romani, ma dalle proprie illusioni riguardanti il Salvatore, che quei tre saggi avevano riconosciuto in quel bambino debole e indifeso. In quell’istante mi resi conto che non ero in grado nemmeno di comprendere di quale amore sarebbe stato capace il figlio di Maria, ma ne percepii la grandezza.

Maria e Barabba non si videro più per oltre trent’anni. Fino a quando il governatore romano, un certo Ponzio Pilato, fece scegliere al popolo se crocifiggere Gesù, il figlio di Maria nato a Betlemme, o Barabba, il “figlio del padre”. Nessuno sa se Maria e Barabba si incontrarono di nuovo dopo la scellerata decisione della folla. Molti, però, giurarono di aver sentito Maria supplicare a lungo gli Apostoli di andarlo a cercare per far addormentare Gesù con le erbe di Giuseppe di Arimatea e per liberarlo dalla croce come avevano fatto con Gioacchino.

Curiosità

  • Green Pass: l’edizione 2021-2022 del Presepe nel Pozzo ha rappresentato una ripartenza dopo la chiusura per l’emergenza Covid-19; tra le novità, oltre a gel sanificante e nuove norme, anche il “Green Pass”, che i visitatori hanno esibito per poter accedere
  • Lucio Dalla e Iskra Menarini: la colonna sonora della scena della Natività è stato un brano «Amore disperato», composto da Lucio Dalla per la sua opera su Tosca. Nonostante sia nata per tutt’altro contesto, le suggestioni che ha saputo evocare erano perfette per il nostro allestimento. È stata scelta l’interpretazione di Iskra Menarini, che ha dimostrato grande collaborazione e disponibilità
  • Musei in Rete: il presepio è stato realizzato nell’ambito degli eventi del progetto «Musei in Rete per il Territorio», realizzato con il contributo della Regione Umbria
  • Un pozzo in Africa: è proseguita l’iniziativa nata nel 2019 con la raccolta di offerte per la realizzazione di un grande pozzo per acqua in Etiopia, in collaborazione con Amref

Ideazione – allestimento – realizzazione personaggi – grafica: Marco Sciarra | personaggi animatronici: Andrea Giomaro | scenografia: Marco Sciarra – Francesca Montanari | volti, incarnati e trucco: Andrea Giomaro – Samantha Rose-Harker – David Bracci – Sara Catanzaro – Carlo Diamantini – Erica Buzzi – Special Makeup Studio – Creature Studios – Marisa Paisio – Marco Sciarra – Francesca Montanari | volto del Barabba del materiale promozionale: Fabio Coletta | Foto della Galleria: Marco Mandini